TAREQ IMAM, LE MANI DELL'ASSASSINO
Tareq Imam, Le mani dell'assassino, Atmosphere Libri, 2016
Traduzione dall'Arabo di Barbara Benini
La figura letteraria del serial killer è quasi sconosciuta nella realtà delle cronache criminali
dei paesi arabi e in particolare dell’Egitto,tuttavia Tàreq Imam è riuscito a creare un personaggio ben
calato nella contemporaneità, velandolo di mistero – e di una certa dose di
ironia – tipici dello stile di questa nuova generazione di scrittori.
Traduzione dall'Arabo di Barbara Benini
Il Cairo appare immenso, a chi
non lo conosce. Solo gli assassini – per loro natura, necessariamente sognatori
– si rendono conto che
non è affatto così.

Secondo i nostri canoni di lettori occidentali, Le mani dell’assassino è forse il primo noir a sfondo gotico in lingua
araba, un romanzo nero dai toni surreali, dove attraverso frequenti salti
spazio-temporali, si dipana la storia del protagonista, Sàlem, e delle sue
vittime, che in alcuni casi muoiono più di una volta in differenti modi.
L’assassino ci narra, apparentemente senza un preciso filo conduttore, delle sue
vittime, avvolte in un atmosfera cupa, insolitamente piovosa e lugubre. Vive e
rivive i fatti di sangue, autodefinendosi “un vecchio di trent’anni”, uno dei
discendenti dell’Eremita, il capostipite di una discendenza di assassini che
popolano la città.
Le mani dell’assassino è
anche un noir sul Cairo. È la città stessa infatti a vivere di una vita
propria, attraverso gli occhi dell’assassino e delle sue vittime. Il Cairo
descritto da Imam è spettrale, sovrastato da grattacieli popolati di fantasmi,
solcato da strade affollate di storpi e prostitute; sugli alberi, così frondosi
da impedire di ritrovare la via di casa, sono appollaiati strani uccelli le cui strida sinistre coprono le urla delle vittime. È in questo caos che si muovono gli assassini,
il calzolaio Leyl, la giornalista Hanà, il tassista e Sàlem stesso, “un
assassino solitario”, che con la mano sinistra, curata e coperta di anelli,
scrive poesie, mentre con la destra, “quella che lavora sodo”, uccide.
Il lettore, seguendo Sàlem per le vie della città,
ascoltando dalla sua viva voce le motivazioni che
suscitano in lui la pulsione omicida, entra gradualmente
nella psicologia di questo assassino-
filosofo-poeta, e comprende anche le sue vittime, o meglio
la ragione che è alla base del loro destino di prede, la solitudine che le caratterizza e il mal di vivere che permea
le loro esistenze. Sarà la giornalista Hanà, anche lei un’assassina, ad
accompagnare Sàlem verso la catarsi finale, permettendogli di completare la sua
raccolta di poesie con il sangue di una donna.
Nonostante la
brevità, il romanzo è molto interessante, riesce perfettamente a ricreare
atmosfere
cupe lasciando al
lettore quel tipico amaro in bocca di un noir. L’opera presenta per la
prima
volta al lettore
occidentale un genere letterario che si distacca totalmente dal solito realismo
cui si è abituati, quando si tratta di autori arabi. Oltre al protagonista,
personaggio contorto e affascinante, è la città del Cairo a stupire
maggiormente, dissacrata in ogni monumento, avulsa completamente dal proprio
illustre passato e presentata, in modo assai innovativo, come una metropoli
inquietante, popolata di spettri ed esseri umani disumanizzati, completamente
diversa dalle immagini da cartolina dei depliant turistici o dei programmi
televisivi a carattere archeologico-naturalistico.
Un noir che
mi ha stupito e affascinato, di cui consiglio senz’altro la lettura.
Ottima la traduzione dall'arabo di Barbara Benini.
Sei tu a guidare la mano che stringe il tuo pugnale. Sei tu il demonio. Tu hai il totale controllo su di me. La mia mano destra chiede il tuo sangue come sacrificio per non uccidere la sinistra; la mia mano sinistra chiede il tuo sangue come inchiostro per comporre una poesia sulla shayhk azzurro, dalla chioma fluente: un'ode meravigliosa che andrebbe perduta se, ora, il mio palmo ferito venisse sepolto. Se non portassi a termine il mio compito, diventerei io la vittima e sicuramente il momento della mia resurrezione non è ancora arrivato. Non dormo più, Leyl, notturno shaykh solitario. Mentre ti abbraccio come un padre, nel buio di queste tombe, mentre affondo la mia arma, la tua arma, nel cuore, forse sto ancora dormendo, forse è solo un sogno, proprio come quando vedi Gaber e ti risvegli senza aver versato una goccia di sangue. Una vita sdoppiata.
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